Safeguarding nello sport
Lo sport contribuisce alla crescita sana ed equilibrata di bambini e bambine, offrendo la possibilità di instaurare relazioni con i coetanei e gli adulti, in un contesto di gioco. Contesto che permette di apprendere valori come il rispetto delle regole e degli avversari, la lealtà verso i compagni e la squadra, la dedizione personale. Purtroppo, però lo sport non è solo e sempre un’esperienza positiva, come purtroppo ci rivelano i casi riportati dalla cronaca nazionale e internazionale. Casi di violenze e maltrattamenti che hanno scosso alle fondamenta tutto il mondo sportivo, e di cui si è venuti a conoscenza anche grazie alle vittime che hanno iniziato a far sentire la propria voce e chiedere giustizia.
Il prestigio e l’attenzione di cui da sempre gode il mondo dello sport ha consentito, in alcuni casi, ad adulti di riferimento come allenatori e allenatrici e altre figure organizzative di commettere abusi, maltrattamenti e condotte violente contro i giovani atleti, potendo contare su una sorta di impunità incondizionata da parte delle istituzioni e dell’opinione pubblica.
Le violenze non sono causate da “mostri” o “mele marce” isolate dal resto del contesto, e accadono all’ interno di ambienti e sistemi più ampi, chiamando in causa la responsabilità di tutte e tutti.
Negli ultimi decenni, non solo a seguito degli scandali degli abusi sessuali che si sono verificati in molti paesi del mondo,ma grazie anche a una ricerca mirata a livello internazionale, è stato possibile lanciare un campo di studio e di azione che introduce il Child Safeguarding nel mondo dello sport. Al centro del campo c'è l'idea che gli atleti "siedano all'intersezione tra sport e diritti umani" e abbiano il diritto di giocare liberamente, protetti da violenze, ingiustizie e dallo sfruttamento.
Parlare di tutela nello sport diventa importante per tre ragioni:
- Lo sport, e altre istituzioni sociali come la scuola o la chiesa, concede all’adulto una posizione di fiducia e di potere nei confronti dei minorenni, tale da poter trarre vantaggio dalla relazione e abusare della propria posizione . La violenza, nelle sue diverse forme è presente in molti aspetti della vita di bambine, bambini e adolescenti: in quanto microcosmo della società, il mondo dello sport non sfugge alla presenza o all'impatto della violenza. Lo sport è un’esperienza che contribuisce allo sviluppo di bambine, bambini e adolescenti poiché agisce sul loro ambito fisico, relazionale ed emotivo tuttavia, la possibile presenza di forme di violenza e maltrattamento danneggia e ostacola tale potenziale.
- Anche in un documento di fondamentale importanza, come la Convenzione dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Convention on the Rights of the Child - CRC) viene sottolineata l’importanza dell’esperienza sportiva per le giovani generazioni. E il loro diritto alla tutela. L’articolo 31 attesta il “diritto del fanciullo di partecipare pienamente alla vita culturale e artistica (ad esempio la musica, il teatro e lo sport) e incoraggia “l’organizzazione, in condizioni di uguaglianza, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative, artistiche e culturali”. L’articolo 19 tutela il bambino contro “ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale”. La CRC obbliga tutti gli stati membri a garantire ai e alle minorenni ambienti di gioco e sportivi sicuri e tutelanti.
- Infine, è semplicemente la cosa giusta da fare. Come adulti abbiamo il dovere etico e morale di garantire ambienti che siano tutelanti e sicuri per bambini/e, che le relazioni che instaurano bambini e adulti nei contesti sportivi siano relazioni sane e positive generative in ambienti protetti.
Le dimensioni della violenza nel mondo sportivo
Le indagini sulla presenza di abusi e maltrattamenti a danno di minorenni nello sport sono un’area di ricerca relativamente nuova. Diverse indagini internazionali e nazionali, forniscono dati importanti su cui riflettere. In una delle prime ricerche a livello nazionale realizzata dall’associazione Change the Game dal titolo “Athlete Culture & Climate Survey. Indagine quali-quantitativa su abusi e violenza nello sport” risulta che il 38,6% del campione italiano ha dichiarato di aver subito una violenza nella pratica sportiva prima dei 18 anni. La forma più comune di violenza interpersonale all'interno della pratica sportiva è la violenza psicologica (30,4%), seguita dalla violenza fisica (18,6%), la negligenza (14,5%), la violenza sessuale senza contatto fisico (10,3%) e la violenza sessuale con contatto fisico (9,6%). Il 19,4% del campione ha riferito di aver subito una violenza multipla. I casi di cronaca più clamorosi anche nel nostro paese sono solo la punta di un iceberg che racconta di una realtà sommersa dove chi subisce violenze e abusi spesso preferisce tacere piuttosto che denunciare; e dove le vittime che decidono di denunciare spesso si scontrano contro il muro di omertà che purtroppo ancora riveste la cultura organizzativa di molte organizzazioni sportive del nostro paese.
Cambiare una cultura radicata profondamente nella nostra realtà, non solamente sportiva, è ovviamente un’operazione complessa che necessita tempi e sforzi elevati; tuttavia, riteniamo che già nella pratica quotidiana in ogni organizzazione sportiva sia possibile introdurre una prospettiva che consideri come centrale il migliore interesse del minorenne e i suoi diritti. Tutto ciò può avvenire se a livello individuale e collettivo si accoglie la possibilità di riconoscere sempre la propria responsabilità e di promuovere la partecipazione e la tutela di bambine, bambini e adolescenti come espressione di decisioni e azioni rinnovate e coraggiose.
Save The Children Italia collabora con organizzazioni sportive come CISP e UISP nella promozione di una cultura della tutela da oltre dieci anni, affiancandole in un percorso che garantisca ad ogni giovane atleta un’esperienza sportiva gratificante, tutelante e protetta.